Dubrovnik: le formalità di frontiera

Dubrovnik: le formalità di frontiera
La bandiera della Croazia
La bandiera della Croazia

Uno dice: che problema vuoi che ci sia ad entrare in Croazia? Da una meta così turistica come Dubrovnik, poi? In fondo siamo sempre nella comunità europea. E invece.
Sarà che era tempo di covid, sarà che Schengen non è ancora attivo con la Croazia ma siamo stati fermi una mezz’ora buona in attesa che ci facessero passare. Non che abbiano bloccato l’accesso a qualcuno, almeno, non a quelli prima di noi, ma i controlli sono stati accurati e alcune persone sono state ferme lì alla frontiera di Dubrovnik per decine di minuti.
Alla fine è venuto anche il nostro turno e abbiamo scoperto che, semplicemente, quelli prima di noi non avevano tutti i documenti pronti: quello che serviva, alla fine, erano i dati anagrafici e la dimostrazione della prenotazione in hotel o struttura privata per quella notte. In cinque minuti abbiamo passato la frontiera e ci hanno ammesso in Croazia.

Un altro punto di vista – Azzurra

Appena arrivati a Dubrovnik e scesi dalla nave ci siamo messi in coda per attraversare la frontiera. Pensavamo fosse una formalità e invece si è rivelata un’operazione lunga e complessa, nonostante la Croazia faccia parte dell’Unione Europea.

Le operazioni andavano per le lunghe: apparentemente i funzionari di frontiera erano molto scrupolosi nel controllare i documenti, o c’erano altri impedimenti che dalla nostra posizione non riuscivamo a capire. Ma non avevamo fretta. In effetti, avevamo tutta la giornata libera, per cui ci siamo semplicemente messi ad aspettare e a guardarci attorno. Ad un certo punto, casualmente, ci siamo tutti concentrati sullo stesso particolare esclamando “Oh!” quasi tutti insieme.

In una posizione poco più avanzata della nostra , c’era un tipo su una vespa rossa. La cosa di per se era abbastanza particolare perché, insomma, viaggiare da Bari a Dubrovnik su una vespa è particolare, ma la cosa più strana, che ci ha fatto rimanere stupiti, è che sulla vespa c’era… un cane!
Non al posto di guida, naturalmente, ma compresso tra il sedile e il manubrio. E non era un cagnolino, ma un cagnolone bello grosso, tutto nero.

Da quel momento, non abbiamo fatto altro che guardare questo cagnolone, senza museruola, che se ne stava placido, in piedi, sulla vespa del suo padrone. Dopo alcuni minuti, il cagnolone ha cominciato a non poterne più di stare lì fermo: metteva con grande circospezione una zampa sul terreno, cercando l’approvazione del suo padrone, poi scendeva anche con l’altra, sempre guardando l’umano che accompagnava, poi appoggiava a terra tutte le zampe. Appena provava ad allontanarsi di qualche centimetro dalla vespa, il padrone lo richiamava e lui, ubbidiente, riprendeva la sua posizione sulla vespa: tra il sedile e il manubrio. Ma poi ci riprovava: una zampa con circospezione, seconda zampa, zampe posteriori, richiamo del padrone, risalita.
E poi ricominciava.

Siamo ancora convinti che, dopo tutti i controlli, alla frontiera abbiano fatto passare più il simpatico cagnolone che il padrone sulla vespa.

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